Rideva
a crepapelle quel giorno.
Aveva
avuto la conferma definitiva che quello che era stato scritto per lui nel
grande libro del destino era impossibile da cambiare.
Avrebbe
potuto far piroette e salti mortali.
Avrebbe
potuto urlare, raccontarsi, piangere, urlare, imprecare, pagare un cartomante.
Nulla
sarebbe cambiato.
Mai.
Era
triste, è vero.
Ma,
cazzo, quando ci si trova di fronte all’impossibile e l’impossibile viene
riconosciuto subentra una sorta di serenità folle.
Un
po’ come quando sei ubriaco.
Che
non te ne frega più un cazzo di niente.
Rideva
finalmente.
Di
un ridere sguiato.
Non
tenuto.
Puro.
Quella
maledizione contro la quale aveva combattuto una vita era assolutamente
imbattibile.
Era
esattamente come il colore della sua pelle.
Che
la puoi abbronzare ma sempre pallida resta.
Lui
era nato rinnegato.
E
da rinnegato sarebbe morto.
Nulla
e nessuno avrebbe mai ammesso di averlo visto se quel vederlo avrebbe potuto
ledere in qualche modo il cammino dello spettatore non pagante che aveva
incontrato.
Nessuno
lo aveva toccato insomma.
Nessuno.
Anche
se ancora sentiva addosso il tatto.
Sotto
le sue mani i piedi.
L’odore,
il sapore, la puzza, il rancore.
Tutto falso amico mio.
Tu sei un sognatore e
confondi la realtà con la fantasia.
Stacce.
Rideva.
Non
riusciva a smettere di ridere.
Aveva
dolore sotto le costole e le mutande bagnate.
Ma
rideva ancora infinitamente.
E
da quel momento cominciò a rinnegare se stesso.
In
fondo si era inventato tutto.
Aveva
sognato ancora.
Ma stavolta, era come
quella volta tanti anni fa, sembrava davvero vero.
Porca zozza!
Si
addormentò ridendo.
Ma
non sognò.
In
fondo lui le storie se le faceva da sveglio.
Si
svegliò di buon mattino.
Stranamente
fresco e riposato.
Aveva
una consapevolezza in più.
E
si era scrollato di dosso la croce più pesante della sua vita.
Avrebbe
potuto godersi le cose, ogni cosa, bella, brutta o media, che gli sarebbe
capitata come irreale, unica e irripetibile.
Avrebbe
potuto prendere ogni cosa con la consapevolezza che si trattasse soltanto di un
sogno.
Un’invenzione.
E
che nessuno avrebbe mai ammesso di averlo visto, toccato, amato, odiato,
violentato, picchiato, accarezzato.
Quella
mattina uscì di casa ridendo.
A
crepapelle.
E
chi lo vide passare dava colpetti col gomito esclamando “no, non può essere lui”.
Un
saluto col dito medio li accompagnò.
Mentre
distoglievano lo sguardo.
Lui era finalmente sceso da quelle montagne russe. Loro... Chissà?
Lui era finalmente sceso da quelle montagne russe. Loro... Chissà?
“Corro per i tempi dietro all’espressione
ogni emozione che sento mi spinge
a esprimere le cose non dette
e che giustizia sia fatta
nelle nostre povere vite addormentate
Passa, passa, passerà
l’ultimo resterà”
Per aria Les passants - Zaz
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