Non potevo
restare chiuso in pochi metri quadrati.
Ma non avevo
forze per muovere.
Non nelle
gambe.
Non nello
spirito.
Poi capita che
arrivano stimoli che riescono a spostare cose ferme per loro essenza.
Sarebbe stato
bello veder arrivare una carezza dietro al collo.
Di quelle che
non saranno mai inaspettate perché di sperare non si smette mai, neanche quando
è disperazione viva e gelata.
No gli stimoli
erano diversi.
Freddo e
zanzare.
E quella
strana sensazione che solo stare sottoterra ti dà.
Soffocamento.
No.
Non potevo
assolutamente restare chiuso in pochi metri quadrati.
Dovevo
assolutamente muovere.
Dare forza
alle gambe.
Annullare il
blocco dello spirito.
Risalire da
quella rampa rotante che mi aveva portato e lasciato abbandonato 10 metri sotto terra.
Cercare
assolutamente di respirare.
Mettendo via
lo stimolo di tenere libero il collo per una carezza che non sarebbe arrivata.
Che non
arriverà mai.
Camminare.
Fino a
sfiancarsi.
Senza fermarsi
mai.
Se non per
evitare di finire sotto una macchina o per guardare il culo a una bella
ragazza.
Vigliaccamente,
dopo che è passata.
Perché non
avresti neanche la forza di assecondare un suo “ma che cazzo vuoi da me?”
E’ brutto
confrontarsi con un “cosa vuoi da me?” vero?
Ma in quel
cammino notturno sapevo che mi ci sarei imbattuto presto e non perché avevo
lasciato i miei occhi poggiati su un bel culo.
Guardare una
città di notte è strano.
Soprattutto se
non l’hai mai vista di giorno.
Soprattutto se
non l’hai mai vista.
Soprattutto se
non hai una meta.
Soprattutto se
nessuno ti verrà mai a cercare.
Guardare una
città di notte ti fa capire cosa succede quando una città non serve a nessuno.
E ti fa
sentire meno solo in questa sensazione.
Guardare i
semafori funzionanti, con quel suono che ti fa capire ad occhi chiusi se puoi
attraversare o no.
Non c’erano
macchine.
Non c’erano
persone.
Sarei potuto
passare quando quel rosso davanti ai tuoi occhi sembrava infinito.
Come se il
tempo si fosse bloccato in quell’istante.
Ma non potevo.
Non riuscivo.
Non me la
sentivo proprio di incurarmi di una richiesta di star buono là ad attendere.
Anche quando
ho capito che quel rosso sarebbe stato eterno.
E si sarebbe
trasformato solo ed esclusivamente per mano di un elettricista.
O quando avrei
girato le spalle e cambiato strada.
Poi succede
che il cielo prende luce.
E che i
lampioni si spengano.
Succede che
quel lampo di follia che ti ha portato a camminare per ore si spenga.
E arrivano i
dolori.
E arriva la
notte vera.
Quella che hai
dentro.
Arriva la
necessità di cercare parole che ti aiutino.
Le cerchi lontano.
Le trovi.
Ma è peggio.
Perché riesci
a trovare interlocutori che sanno e che sentono e che.
Quando pensi
che nessuno possa capire quello che hai dentro.
Quando pensi
che sei solo un inutile stolto egoista.
Quando pensi
che.
Ci sono
interlocutori che al tuo chiamare diventano più incazzati e rabbiosi di te.
Per te.
Come se in
quel momento fossero te.
“Prendi un
caffè”
Pensieri.
Quella città
non aveva ancora finito.
Anzi.
Quella città
si stava preparando per il suo exploit.
Distruttivo.
Quella città
mi avrebbe colpito dritto sulla bocca dello stomaco e mi avrebbe lasciato sul
ciglio di un precipizio con un unico dubbio.
Una bomba a
orologeria placcata di speranza.
Si può
annullare un dolore passando attraverso il fuoco di un dolore più grande?
Correndo verso
il nulla?
Ancora e ancora
e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora
Per aria A Forest – The Cure
.....
RispondiEliminaMarele
carezzina sul collo..
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